DEFINIZIONE DEL FENOMENO
L’Hikikomori può essere definito come una tendenza all’isolamento fisico, protratto nel tempo, in risposta alle pressioni sociali che risultano eccessive per il soggetto, in particolare la realizzazione personale, la competitività e le aspettative eccessive di genitori, insegnanti o coetanei. L’Hikikomori sceglie quindi di ritirarsi in casa mantenendo una grande sfiducia nelle relazioni sociali: tale fenomeno comporta molta sofferenza, vergogna e sensi di colpa nelle famiglie.
Il fenomeno degli Hikikomori ha iniziato a diffondersi in Giappone verso la fine degli anni ’80, ma solo nel 2003 il Ministero della Salute giapponese ne ha preso atto e viene esplicitato che non è connesso a disturbi mentali.
Non è però solo un fenomeno nipponico. Anche in Italia esistono ragazzi Hikikomori, e allo studio di tali soggetti si è dedicato, in particolare, lo psicologo Marco Crepaldi. Egli nel 2017 ha fondato l’associazione nazionale “Hikikomori Italia”, di cui è presidente. Inoltre, ha scritto un libro in cui ha inquadrato tale problematica e racconta del suo progetto: “Hikikomori. I giovani che non escono di casa.”, edito nel 2019.
SFATIAMO I FALSI MITI
- L’HIKIKOMORI NON E’ DIPENDENZA DA INTERNET: molti hikikomori non usano Internet, e il potersi connettere con il mondo esterno è in realtà un fattore positivo che limita l’isolamento. Chi ha dipendenza da internet è attratto dalla rete e l’isolamento è solo una conseguenza dell’abuso dei dispositivi elettronici.
- L’HIKIKOMORI NON E’ DEPRESSIONE: la depressione può svilupparsi in conseguenza all’isolamento sociale che comunque è primario. Molti Hikikomori non soffrono di depressione clinica. - L’HIKIKOMORI NON E’ FOBIA SOCIALE: l’Hikikomori ha sviluppato una visione particolarmente cinica e negativa dei rapporti sociali e quindi la sua non è una paura pervasiva alla base.
- L’HIKIKOMORI NON E’ AUTISMO: le problematiche relazionali e comunicative di chi soffre di disturbo dello spettro autistico sono presenti fin dall’infanzia, mentre negli hikokomori queste difficoltà compaiono solo in seguito. Inoltre, tali ragazzi non presentano altre caratteristiche tipiche dell’autismo come comportamenti ripetitivi e rituali.
- GLI HIKIKOMORI NON SONO EREMITI: le motivazioni alla base sono diverse: l’eremita si allontana dalla società per una scelta spirituale e rinuncia agli agi moderni, mentre l’Hikikomori non rinuncia ai benefit materiali come il cibo, un letto comodo e la tecnologia e l’isolamento di questi soggetti è spesso dovuto a una perdita di motivazione verso l’adattamento sociale.
LE TRE FASI DELL’HIKIKOMORI
1- Il soggetto sperimenta la pressione ad isolarsi, ma non ne è ancora del tutto consapevole. Il malessere provato nelle relazioni sociali porta a saltare il lavoro o la scuola (giustificandosi attraverso problemi fisici9, ad abbandonare attività che richiedono un contatto sociale (ad esempio lo sport) e inizia a preferire attività solitarie.
2- La pulsione all’isolamento è elaborata in modo cosciente. I contatti sociali sono solo virtuali, viene infatti abbandonata definitivamente la scuola. Aumenta l’aggressività e i rapporti con i genitori sono conflittuali.
3- Il soggetto cede alla pulsione all’isolamento, si allontana dalla famiglia (chiudendosi in camera) e dalla rete virtuale. La percezione del tempo e della realtà è alterata profondamente.
È importante conoscere tale problematica per poter prendere subito atto delle difficoltà del ragazzo che tende ad assumere determinati atteggiamenti. Se infatti la pressione all’isolamento viene intercettata precocemente, l’intervento risulta più facile e la gravità propria della terza fase descritta non sarà raggiunta. E’ sempre bene rispondere prontamente e non affrontare da soli questo tipo di problematiche rivolgendosi ad un esperto.
BIBLIOGRAFIA
Crepaldi, M. (2019). Hikikomori: i giovani che non escono di casa. Hikikomori, 1-124.
Elena Martorana